Category: Nulla dies sine linea

IL MALE NERO

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Sul tardi della sera, la febbre che ieri mi ha colpito lo spirito mi abbandonava; è accaduto come l’albeggiare, al di fuori di me però fino alla mia scintilla. Oggi, sono letteralmente a pezzi, me l’aspettavo per aver portato in giro ieri questo mio corpo senza vita – mi ripetevo, «come il giorno del mio funerale!» sospinta soltanto dal desiderio di muovermi, di uscire.

Ai Giardini mi sono fermata in solitudine fino al tramonto. Appena varcato il cancello, il pianeta verde, una commozione incontenibile, ancor più sollecitata dalla musica classica diffusa al semaforo dall’amplificatore di un giovane giocoliere spagnolo.
Come se non avessi conosciuto mai  p r i m a v e r a…!
Sotto le braccia degli alberi fra copiose cortine di foglie verdi a mezz’aria che filtravano l’oro di luce del sole, e nelle aiuole fra i viali la terra tutta fittamente ricoperta di fili d’erba nuova e dei capolini dischiusi di pratoline che facevano dappertutto uno striare di luci e di ombre.
Mi sono scelta una panchina e ho ricominciato a leggere Il Male Nero, tutto il primo capitolo, tutto d’un fiato – sono tornata lettrice di romanzi – quando infine ho sollevato gli occhi dalle righe stampate nel libro, è stato come riaprirli dopo un lungo sonno, dimentica di me, le chiome dei sempreverdi e le gemme in sboccio che distinguevo in controluce sugli alberi a caducifoglie erano cose più vivide e conosciute di quanto lo fossi io a me stessa, abbandonata alle correnti dell’essere senza tempo.

Riattraversando il cancello più tardi in direzione del centro della città, con lo sguardo nell’azzurro del cielo in attesa al semaforo verde ho saputo distintamente di essere stata sottratta per un certo tempo da qualsiasi relazione con la realtà, come in un sogno ad occhi aperti, una vivificante latenza di esistere… sciolta così dall’esercizio di razionalità, quanto più intensamente mi avvertivo addentrata in un tutto vibrare gratuito di materia lampante, io sconosciuta e più sola che mai, ed era questo il mio stare al mondo.

2 apr. 2024

 

 

 

 

 

 

 

Un’altra narrazione del mondo

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Fra poco, mezzogiorno. In piedi da un’ora, la notte è trascorsa senza patimenti, nessun dolore fisico di pesantezza muscolare nelle cosce, poco sonno.
G. parlava al telefono con il medico di base che gli certifica una settimana di assenza dal lavoro per malattia, ha ancora mal di schiena. Tempo liberato.

In piedi, l’articolazione dell’anca destra bloccata & dolente in movimento e da ferma, un breve raggio di sole alla finestra illumina i capolini di viole al davanzale, forse il cielo di piogge si allontana per un po’, i fischi che fa il merlo, dentro di me all’opera un tentativo  di  d e s t r u t t u r a z i o n e.

Dal mondo qualcosa di vivo ci raggiunge attraversando la notte, un’altra narrazione ha ripreso a fremere, parla, si slancia in relazioni . . .

 

 

 

Un autre récit du monde

Bientôt midi. Levée depuis une heure, la nuit traversée sans souffrance, sans douleur due à la lourdeur des muscles dans les cuisses, peu de sommeil.

G. a téléphoné au médecin généraliste qui lui a prescrit une semaine d’arrêt maladie, il a encore mal au dos. Libération du temps.

Debout, l’articulation de la hanche droite bloquée et douloureuse en mouvement comme au repos, un bref rayon de soleil par la fenêtre illumine les inflorescences violettes sur le rebord, peut-être le ciel de pluie s’est-il éloigné un moment, les sifflets que fait le merle, une tentative  d e  d é c o n s t r u c t i o n  est à l’œuvre en moi.

Du monde quelque chose de vivant nous parvient, traversant la nuit, un autre récit s’est remis à trembler, parle, s’élance de lien en lien . . .

 

Traduzione dall’italiano di Philippe Aigrain
( cliccare QUI per la versione in francese )

 

 

ATELIER DE
BRICOLAGE
LITTÉRAIRE

 

 

 

 

 

 

 

Ikebana

 

 

 

 

 

Quasi l’1 del pomeriggio, soleggiata giornata d’inverno, l’azzurro del cielo velato dal transito delle umidità, sugli alberi spogli per il sonno di gemme è tempo di gestazioni.

La nuova cura mi libera energie, fa la convalescenza più arzilla.

Il mio spirito meglio di me sa conoscermi & mi governa : di gran slancio il tempo del giorno, si risolve però in minuti spostamenti domestici per prolungate resistenze di modesta entità — quello che chiamo il mio lavoro di i k e b a n a ; che poi bisogna pure essere ispirate per riuscire a convertire tutto lo slancio che c’è con queste risorse da niente.
E sia, mi succede così.

 

 

 

 

 

 

 

In piedi

 

 

 

 

 

 

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diritti-umani.org

 

 

 

 

 

Passato mezzogiorno quando comincio la mia giornata « in piedi », ho bisogno di aria & di acqua, disfo il letto, mi preparo il caffè, riporto sul davanzale della finestra sul cortile la pianta di ciclamino che ho innaffiato ieri sera, ha perso la sua fragranza vegetale nella notte passata al chiuso, che poi al chiuso notte non è, e non è giorno, soltanto tempo del cuore.

1 tazza di caffè napoletano all’americana, 4 fette biscottate con burro di panna di latte – per gusto e non per abitudine – 1 capsula di probiotico, 1 bicchiere di magnesio, metà mela, l’ascolto di 1 cd per intero di Troilo & Forentino – Temblando, Toda Mi Vida… e intanto che siedo i nervi fanno pace con le articolazioni, chissà se riesco a farmi una doccia prima di pranzare.

Matida l’aria sul cortile, ho ascoltato la pioggia sciogliersi nella notte, piumato di ghiaccio il lucore dal cielo, mi levo a mezzogiorno ma sono all’opera – la mia opera – dalle prime luci del mattino, mi levo soltanto quando ho finito, prenoto il pane per telefono, ci sarebbe pure un libro da passare a ritirare, ma i soldi ora non bastano, aspetto un’altra settimana.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nella casa

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11.I.21

Nessun contatto per tutto il giorno, per tutti i giorni, di vetrocemento il confine che fa quest’isolamento, la madre che parla ha la voce indurita, la madre è furiosa non ne può più, lui che si accende il fuoco nel caminetto, rassegnata la madre, lei che vede & si vede e risente del male che ha imparato a tenere per guadagnarsi l’uscita.

 

13.I.21

Lei dalla voce si direbbe che oggi abbia ritrovato la sua oscillazione aurea, penso dentro di me di aver contribuito anch’io, anzi di essere stata io a favorire quel passaggio di grazia che l’ha mutata da dentro senza cambiare nella realtà le cose. Reale, forse in fondo è soltanto un misero esercizio di logica quotidiana quando l’attesa ne resta esclusa.

Questa convalescenza sembra procedere circospetta e senza grandi entusiasmi, e intanto le cronicità mordono sempre di più la corda, e forse è proprio da questa condizione che il fisico da solo ha preso a muoversi, da solo in cerca di ciò in cui può trovare almeno un po’ di respiro.

 

 

 

 

 

 

 

Tempo quotidiano

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Le 10 e mezza della sera, una giornata centrata sulla materialità, la buona materialità ; sembra che la manutenzione ordinaria nel tardo pomeriggio della caldaia del gas abbia causato a catena una piccola serie di movimenti virtuosi di riorganizzazione e cura del nostro spazio vitale, delle cose materiali che ci sostentano in questo spazio che abitiamo.

Tu non ti scoraggi fra tentativi di archiviazione di bollette di utenze e analisi dei costi, senza nessuna ambizione di ordine o comparazione e valutazione, soltanto allo scopo di ripassare le mani in questo genere di cose che quotidianamente scorrono per inerzia. Prima però ti sei precipitato fuori di casa in cerca di un libro di Tolstòj : sotto la pioggia battente hai fatto il giro di tutte le librerie del centro poco prima della chiusura per un’edizione tipograficamente leggibile di Resurrezione, e adesso torni a casa fiero di aver trovato l’unica copia – forse un fuori catalogo – giusta per te ; fiero pure dell’ultimo biglietto della Lotteria Italia che hai trovato nella tabaccheria vicino a casa.

 

 

 

 

 

 
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Io che prima dell’arrivo del tecnico ho raccolto un considerevole strato di polvere & ragnatele fra la caldaia e il frigorifero sottostante e la porta d’ingresso accanto al frigorifero, adesso trovo qui la collocazione definitiva di un piano-bar, con tanto di bicchieri e improbabile bouquet cinese, e più in disparte il magnesio formato famiglia, primo gusto del mattino ; via tutti i vasetti con le erbe secche odorose che migreranno verso il box-cucina, via le statuine da presepe di trent’anni fa che si sono guadagnate la visibilità per tutti i mesi dell’anno, operine artigianali di una grazia perduta ormai, troveranno posto fra i libri sugli scaffali. Fa eccezione soltanto questa miniatura della “focara” di Sant’Antonio abate, la pira di fascine di ulivo che da sempre si brucia a Novoli la sera del 16 gennaio – che è pure il giorno del mio compleanno – chissà se quest’anno la bruceranno, tu mi rispondi di sì, secondo te la bruceranno lo stesso e sarebbe pure di buon auspicio.
29.XII

 

 

 

 

 

 


I.

 

 

 

 

 

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II.

 

 

 

 

 


III.

 

 

 

 

 


IV.

 

 

 

 

 


V.

 

 

 

 

 


VI.

 

 

 

 

 

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VII.

 

I – VII Novoli di Lecce, 16 gennaio 2018
FOCARA di sant’Antonio abate, ultimi preparativi nel mattino.

 

 

 

 

 

 

 

Una bella giornata in novembre

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20.XI
di notte.

Sono uscita di casa stamattina, sono uscita a incontrare il dolore degli altri, lo sforzo solitario di tutti gli altri che sono fuori dalla mia stanza, di certo anche loro hanno incontrato il mio dolore, che porto a testa alta con sorriso sincero, il mio dolore che non vedo, che non voglio vedere riflesso al mio passaggio nell’effetto-specchio che fanno le vetrine nelle giornate luminose come oggi, il mio sforzo mi basta sentirlo, e fronteggiarlo, a ogni passo.

 

A. mi raggiunge con il suo buongiorno affettuoso, io chiamo mia madre che passa tutto il tempo della telefonata a descrivermi in dettaglio le immagini televisive che la catturano già. Mi affretto a chiudere, non voglio perdermi le repentine esplosioni nell’aria di questi trilli minuti fra i rami al sole degli alberi oltre il muro di Santa Cristina, trilli minuti che sono prima del canto, schegge di gioia purissima lanciate nel cielo più prossimo, scricchiolii nella densità del tempo di una gratuità che si riversa su di noi, posso vedere gli uccelli involarsi qua e là, sono grandi meno di un pollice, sono sfumati di oro nel sole del mattino.

 

 

 

 

 

 

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Nei Giardini Margherita a ondate sui terrapieni delle aiuole le foglie ramate cadute dagli ippocastani e l’azzurro del giorno e una diffusa chiarità colata di luce umida e fredda.

 

 

 

 

 

 

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Svuotata, rallenta la città in questa bella giornata in novembre, faccio al contrario via Santo Stefano dai Giardini verso il centro, cammino e sciolgo così un levare di senso di vivere che D.M.T. nel suo « Il Vangelo secondo Giovanni » ha scandagliato in ogni parte di me (avevo cominciato a leggere l’opera dalla seconda parte e fino alla fine forse un paio di settimane fa, l’ho ripresa oggi dai primi due capitoli).

 

In libreria ho chiesto di consultare « Non siamo stati noi », ho ascoltato alla radio alcune puntate della lettura dell’opera, subito mi ha impressionata la ricostruzione puntuale di alcuni movimenti umani interiori indagati dal francescano Roberto Pasolini, che ricorre a una lettura biblica inusuale per me — forse un approccio antropologico? Comunque, migliore del solito patetico psicologismo rivisto e corretto. La suora si rifiuta di tenermi il libro da parte per una settimana.

 

 

 

 

 

 

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S. si ferma davanti a me per la seconda volta al quinto giro del suo percorso giornaliero, non mi riconosce mai appena mi vede, ma soltanto dopo qualche istante in cui ferma i suoi occhi nei miei, è l’ora di pranzo e mi offre da mangiare, forse un giorno gli regalo una mia poesia, che a parole non sono riuscita a spiegargli quello che faccio cos’è.

 

 

 

 

 

 

Un autunno di marina

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Si addentra il tempo nel cuore della notte, la luna ha attraversato il cielo sul cortile, ho spento la mia lampada ho aperto la finestra, l’aria pungente porta segreta una vena di dolcezza, porta la notte d’autunno di marina, quel lume più algido nel limpido blu.

 

 

 

 

 

 

 

Senza perché

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Iniziativa di CEFA sulla piazza Maggiore di Bologna.
 

 

 

 

 

E trovare una piccola morte fra stomaco & cuore all’uscita accaldata dal sonno, la fibra reclama l’inerzia e levarmi è una spinta del tutto innaturale, quando si dice che lo spirito manca, se non venisse solerte in ascolto — anzi, è già qui ! come potremmo infilare di vita un giorno dopo l’altro. . .

E siamo a sabato, senza sapere perché.

 

 

 

 

 

 

 

La piega delle cose

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“ Sulla terra nera… “ c’è un ritmo – la sola cosa – di cui mi posso fidare ; sta in ogni passo della mia andatura, è dentro al battito del mio cuore.

Davanti al grande platano, vagabondando per le vie antiche della città : ciò che è grande è pure ciò che è forte ; la forza consiste nel resistere a tenere, e spunta da una saldezza che è sempre ben radicata.

 

 

 

 

 

Nell’aria

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Ai Giardini, le cinque del pomeriggio, dopo il nostro pranzo pomeridiano. Ai Giardini per un poco di sole attraverso il moto di vapori che transitano per tutto il cielo ; per un bagno di verde tra gli alberi di foglie nuove ; per il verde e l’azzurro e i canti degli uccelli nell’aria che modulano sempre vari e senza cessare mai.

Sto guadagnando l’uscita dalla mia stanza ; ogni giorno un motivo di più — sempre lo stesso ?, sgretola un aspetto della forma di questa vita.

 

 

 

 

 

Tempo ordinario

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Difficile – ma necessario – ricominciare a secernere le fila della tessitura del senso dei giorni ; farlo da queste proprie fibre di carne e sangue e spirito immobile e ammutolito

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

 

 

 

 

 

 

Presi nella rete

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Leggo distrattamente queste email di aggiornamento dei termini di servizio e dell’informativa sulla privacy che ricevo negli ultimi giorni, e con quanta sollecitudine i testi che si ripetono, praticamente sempre gli stessi, esprimono quanto si ha cura di salvaguardare i miei dati personali che verranno usati soltanto con il mio permesso e soltanto con certe finalità, soltanto a certe condizioni. . . . . ed è nuda e chiara la verità di quanto – nonostante tutti i nostri equilibrismi, le nostre scelte e le nostre migliori intenzioni – non siamo altro che soggetti di consumo presi nella rete. Che tristezza.

 

 

 

 

 

 

A futura memoria

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Le piccole piante grasse allineate sull’étagère accanto alla finestra per un poco di luce, sono anche la misteriosa risonanza di simmetria nel silenzio, e vitale.

Le immagini sul monitor del computer che si susseguono a caso in dissolvenze incrociate mi destano sempre lo stesso stupore, e mi meraviglio di quanto a nostra insaputa si riversi nello sguardo, fissandosi nella memoria, in una fotografia.

Tutto quello che non scrivo puntualmente, ho l’impressione poi che sia volato via insieme alla sua realtà – minuta, quotidiana – fatta fluida nuovamente e attratta nella vaporosa nuvola biancolucente da cui era colata qua.

 

 

 

 

 

 

Ipotetico

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— Nei giardini le ortensie come potrebbero fiorire senza un po’ d’acqua…..ci sarebbe qualcuno che possa pensarci, qualcuno che le prenda a cuore ?

 

 

In piazza Cavour un’armonia prolungata di suono di campane riecheggia nel calore compatto estivo dell’aria come fosse un corpo fisico palpabile che ci abbracci. E dopo il suono, un poco più in alto del fragore di motori del traffico stradale un po’ più su ondeggia l’eco di quel suono — e se fossi io a prolungarlo nel pensiero appoggiandomi all’aria densa oltre i cornicioni fioriti di pietra ?

E poi di nuovo riprende davvero lo scampanio possente dei bronzi. Potrebbe essere da San Petronio ? Oppure da San Domenico ? I giardini stanno nel mezzo.

E ancora una volta rintoccano le campane a un ritmo che pare inseguire se stesso — e se fossero i campanili delle due chiese vicine a intonare questo reciproco chiamarsi e rispondersi come dall’interno di una inscindibile dualità che si tenda e si ricomponga per ogni battito di questo adunarsi ?

Sono passate le otto della sera.

 

 

 

 

 

 

Aoristo

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In disequilibrio fluttuante fra la terra e il cielo, abbandono e la necessità di concretizzare. E fra questi : senza termine, a dismisura, in assenza di determinazioni e partizione. . . . .

Ritornavo di sera in città. Dal verde fitto degli alberi che costeggiano la strada fino alle vie del centro il silenzio nell’abitacolo dai finestrini chiusi per l’aria condizionata è penetrato e vinto dalla teoria dei versi amati di cicale.

A casa, i verdi alla finestre sul cavedio stanno piegati e spenti dalla sete ma fioriti, e vivi. Il silenzio vegetale, questa lingua madre.

L’azzurro ampio nel cielo sul cortile ; più tardi le scie di veli d’aria rarefatte illuminate al tramonto del sogno di una rosa, e il vuoto spazio dei voli fra la piazza e l’aperto dice dei rondoni che sono migrati già.

 

 

 

 

 

 

Una manciata d’istanti

 

 

 

Di sera, in una manciata d’istanti — la vita.
Dopo la risalita a occhi chiusi di uno stentare quotidiano, ecco lo slancio, disincarnato il sorriso ispirato : questa la traccia della giusta via, del fertile passaggio lasciato già alle spalle ; questo il guadagno prezioso da spendere nell’immediato imminente avvenire.

Illusione ? Tutto lo slancio di vivere nell’illusione di un sogno ?
Tutta la vita sognata mentre muoveva l’ondata degli anni.

 

 

 

 

 

 

Sereno

 

 

 

La dolcezza segreta che racchiude al suo cuore l’aria fredda nei mattini sereni di novembre……..filtra l’antichità di pietra della città dai verdi intorno dalle colline. Un’ebbrezza friabile gemina la zolla, un sorriso di limo selvatico levano dal fiume le correnti……..

 

 

 

 

 

 

Dominio di sé

 

 

 

Avere il dominio di sé — sarebbe come possedere la coscienza di dove appoggiano questi piedi, le nostre mani. Oppure filare all’incontrario diretti al punto cogente della propria ragione. Si può mai ?

Nell’ombra d’aria calda di queste prime giornate estive, alla finestra della stanza l’inclinatura di luce nel declinare di un raggio riflette con la dolcezza selvaggia di madreperla, uno stupore candido e muto e ricadente di senso enigmatico e vero.

Affidarsi alla grazia della sorgente del proprio raggio sul mondo – quello che siamo noi – credere nella stella e al suo mistero, che a volte illumina riflessa di notte una voce di ultima rosa estiva.

 

 

 

 

 

 

Familiari

 

 

 

Patriarcali.
Disprezzo e rifiuto di ogni forma di individualità e creatività. Negazione perciò della vita stessa.
Idolatria del conformismo.
Il genos ( che è retaggio di donne !) vi è imprigionato. L’amore ( cristiano ) non abita qua.

 

 

 

 

 

 

Condominiali

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Una giornata di ordinaria follia quella mia di ieri, sotto l’urto della cattiva coscienza del prossimo. . .una notte e un giorno per cercare di nominarla

 

Cose da scrivere definitivamente nel libro della memoria :

  • normalmente uomini e donne vivono in uno stato di cattiva coscienza e si relazionano in vista di un obiettivo principale che è quello di fottere
  • le une e gli altri piegano in questa prospettiva il linguaggio come un utensile servile, in nessun rapporto con la verità delle cose
  • non vedono, non sentono, sembra quasi che non vivano in carne ed ossa
  • non cedere loro spazio — mai. Nemmeno quando incominciano a spandere la melassa di gentilezze miracolose. . .pena l’essere trascinata nel delirio della ragione e finire con l’essere manipolata

 

Infine, non mancare di farmi cogliere di sorpresa dall’ultimo oro del tramonto che discende l’orizzonte lontano da qui, e nel cielo sul cortile giunge specchiandosi in volo sotto l’ale dei rondoni che in tutte le direzioni battono l’aria delle loro grida.

 

 

 

 

 

 

Una chiarezza inattesa

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Quello che più di tutto mi getta nella vertigine nutrendomi di nuova spinta vitale………questa sopraggiunta chiarezza
inattesa
incontrovertibile
di trovarmi nel mio cammino
di non aver sbriciolato giorni da niente

di non aver mancato
di non aver perduto

di avere questo corpo mortale di forze immense.

 

 

 

 

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Nell’attesa

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Come se non bastasse, mi crolla addosso stamattina anche tutto il peso di tutti gli angoli da sgomberare prima che mia madre venga a stare da me per il tempo delle sue visite mediche  . . . Qualunque tipo di preparativi mi rende nervosa. 

E poi senza averlo deciso, mi ritrovo in cima alla scala verso il ripiano più alto della libreria, a levare i miei vecchi album da disegno e l’occorrente per dipingere. Stavo pensando qualche giorno fa che con la bella stagione mi piacerebbe riprendere il lavoro con i colori all’aperto.

 

 

 

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I.

 

 

 

 

 

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II.

 

 

 

 

 

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III.

 

 

 

 

 

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IV.

 

 

 

 

 

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V.

 

 

 

 

 

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VI.

 
I – VI
Prove di disegno dal vero
bologna, sacrario dei caduti polacchi Estate 2007

 

 

 

 

 

 

 

Pentimenti

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Avrei dovuto portare a compimento la scrittura nella notte passata, e invece . . . Il tempo vale per i suoi momenti – per questo passa, deve passare perché è fatto di momenti che cedono il passo e l’occasione gli uni agli altri.  Nient’altro conta, né seguire l’idea, la volontà, una tabella d’impegni, un’agenda, un programma. Niente che possa essere guardato a distanza, deciso, organizzato, catturato nella rete del pensiero. Niente di niente. Soltanto fidarsi del momento a nervi tesi. E’ un altro modo di dire la natura selvaggia del vivere.

E anche dire qualcos’altro, Per esempio che io non ho una vita mia, non posso mancare per un solo istante questa vena corrente di poesia, questa febbre di spirito, questa ricerca di verità, non posso smettere di dialogare sommessamente fra tutte le cose, e raccogliere segni e incarnarli in queste membra in cammino, e parlare da qui. Credere di poter scegliere in proprio il tempo del riposo è credere una bestialità.

Durissima oggi la difficoltà da sormontare.

 

 

 

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Un lucore di lampada

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Tutta una parte del mattino a riconquistarsi al silenzio e all’immobilità — là dove tutto è nuovamente principio. Dipanarsi dal nido del letto come il sogno di una nuvola nel cielo. Rimettersi in piedi tardi e sormontare la disfatta che il tempo infligge nelle membra fino all’osso.

 

 

 

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Nell’attesa che l’acqua bollente filtri attraverso la polvere del caffé rigovernare quello che resta di una parte di notte fra la cucina e la stanza. Mangiare frutti di stagione, aprire i gusci di noci. Dare la carica alla sveglia soltanto per il suo ticchettìo sonoro delle ore. Ritornare sui miei passi e poi

corteggiare il bianco
sgombero del
tavolo,
un lucore di
lampada
a –
cesa

anche se fuori l’azzurro del cielo risplende nella luce del sole.

 

 

 

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Blocco note di viaggio

 

 

 

L’illusione di una identità personale — cancellata. Vanità : una distrazione perduta.

Di ritorno dal mio viaggio nelle terre del Mito, ho lasciato per sempre il sogno di una voce.

Ho smesso di pensare : la mia vita. Più nessuna consequenzialità temporale.

La scrittura numerica precipita lo spossessamento, e dispone a questo anonimato incandescente che consuma le tentazioni della personalità.