Category: brezze

Senza Philippe

 

 

 

 

 

 

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Philippe Aigrain – immagine web

 

 

 

 

 

È mezzogiorno Philippe, il suono di campane inonda l’aria sulla città antica  – chissà se anche tu, studente a Bologna, ti emozionavi per questo stesso suono di bronzi che fa l’aria liquida.

 

Appena in piedi Philippe, oggi ho bisogno di tutto il caffè nella napoletana, oggi è venuto come un deserto di pianto, senza che fosse notte ad albeggiare, con lo stupore negli occhi, lo sguardo a vuoto nella stanza, siedo, le mani appoggiate sulle ginocchia, ho l’impressione che mi ascolti, e io ti parlo, e mi consolo

. . . …

 
19 luglio 2021
 

Altri testi sono disponibili QUI e QUI
 

 

 

 

 

 

 

Vita muscolare

 

 

 

 

 

La vita muscolare, la gravità di carne,
il fondo dell’intimità
tutto il sogno di  e r o s —

 

il ritorno di vita

l’immagine

la comprensione

 

 

 

 

 

 

 

Passaggio d’anno

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Di colpo, è possibile fare il racconto dei giorni, intravedere il senso del tempo, meglio dire la crescita del tempo, la sua maturazione.

Io,
sono questo aggetto di spirito senziente nell’accadere delle cose.

 

 

 

 

 

 

 

Appunti dopo un Natale

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Non è stato per noi tempo di ” lucine & panettoni ” il Natale ; davanti all’immagine della natività non abbiamo sostato tu ed io decorando con la mente quella scena, che per noi la poesia non è un abbellimento, ma velabro dicente la verità.

Abbiamo faticato noi nel tempo dell’Avvento per la risoluzione di un innesto radicale delle nostre vite ; e nel cammino abbiamo guadagnato l’inatteso stupore – a tratti, l’incanto – di sentir crescere come creature vive alcune parole, di vederle davanti agli occhi vivificarsi.

Se Cristo bambino ha scelto la grotta del cuore per venire ad incarnarsi, questo Natale sciolto per decreto dal  d o v e r  apparire è stato per me anche il più integro di tutta la vita ; sono uscita di casa quelle sere soltanto per tornare davanti alla sua grotta, senza nascondere i segni della mia fatica, sciupata eppure libera e lieta.

 

 

 

 

 
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E poi la luce, davvero viene a rischiarare il buio della lingua e l’interdetto degli affetti occultati nel cuore.

 

 

 

 

 

 

 

Martirio

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MARTIRIO del protomartire Santo Stefano, particolare. Pier Francesco Cittadini
Bologna, nelle sette chiese.

 

 

 

 

 

26.XII – memoria

Plastica fedeltà di un donarsi di vita a una fiducia radicale e immensa.
La memoria fa la pietra dicente.

 

 

 

 

 

 

 

Il sogno di una vita

 

 

 

 

 

Lavorare la materia dei giorni, nient’altro che questo, lavorare anche di notte se richiama, tradurre senza sosta nell’inerzia della carne il sogno di una vita.

 

 

 

 

 

 

 

Ritorno a casa

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Alla vigilia della mia riconciliazione, ieri notte ho visto me come un cavallo da tiro che per tutta l’estate ha fatto la spola senza sosta – come una bestia da soma che trasporta una teoria immane di pesi da un luogo all’altro, svuotandone uno riempiendo l’altro, lungo lo stesso tragitto una volta dopo l’altra aver creato anche un ponte d’aria più fine, via via cedendo anche il dolore e il suo pianto, la solitudine, l’impazienza e la vana attesa. Ora sto per tornare di nuovo a casa.

Ricomincio a fare, a ri—sentire facendo, a gustare nuovamente dolcezza & pazienza, la quotidianità “ ha ripreso a girare “, ha ripreso a nutrire e a riscaldare, a smuovere tutte le cose lasciate incolte, e questa tenerezza per l’impegno profuso, per tutta la fragile fatica, la miracolosa fatica del giorno-per-giorno finalmente affrancata dalla malinconia della vecchia vita materiale.

 

 

 

 

 

 

 

A rima baciata

 

 

 

 

 

La parola nei Vespri stasera s’è fatta voce di tortora, sprofonda nella lode, dimentica di sé, nella spossatezza ritorno a casa sgravata, il passo sciolto negli inguini, porto le orbite immerse nell’aria come in un fascio di acque che arrivano fino alle tempie, sono in pace, e non è una sensazione esaltante, né di benessere, piuttosto mite, unita a rima baciata a un sentimento bruno di tutte le cose, umile forse.

 

 

 

 

 

 

 

Obbligo d’amore

 

 

 

 

 

 

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Se le parole del mattino vengono come i fiori spuntano all’aurora, le parole della notte si fanno limpido scandaglio alla distesa di ciò che sta profondo.

 

 

 

 

 

LE MAGIE DEI MAGI

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« Si dice che da Balaam sorse la stirpe e la casta dei Magi, la quale era fiorita in Oriente. Essi ebbero in loro possesso le scritture che contengono le profezie di Balaam, compresa quella che dice — una stella spunterà da Giacobbe, un uomo sorgerà da Israele. »

Origene OMELIA SUL LIBRO DEI NUMERI

 

 

Altrove ( CONTRO CELSO, I, 59 ) lo stesso Origene dava un’ulteriore versione della vicenda dei Magi. Era avvenuto infatti che i Magi, allorché un certo giorno tentarono di mettere in opera i loro abituali sortilegi, si accorsero che questi erano diventati inaspettatamente inefficaci. Constatato il fallimento, ne dedussero che un grande avvenimento dovesse essersi verificato, e osservando in cielo un segno divino, la stella, si misero dunque in cammino verso Betlemme.

 

Ma per quale motivo le « magie » dei « Magi » in quell’occasione avevano perso tutto il loro potere d’incantamento ? Origene spiega anche questo. Non era solo perché le schiere degli angeli, cantando a Betlemme le lodi del Signore, avevano sconfitto gli spiriti malefici ma erano state soprattutto « la forza di Gesù e la divinità che era in lui » a rendere vane le loro arti. E contrapponendo direttamente Gesù – anzi la sua « forza » – alle arti magiche dei Magi, abbastanza inaspettatamente la figura di Cristo si avvicina a quella tratteggiata dallo studioso di storia del cristianesimo Morton Smith, che nel suo libro dal titolo eloquente GESÙ MAGO, sostenne che Gesù sarebbe stato a sua volta un taumaturgo, non troppo diverso da quelli che all’epoca circolavano numerosi nel mondo mediterraneo, in una cultura in cui anche fra i cristiani le arti magiche avevano una consistenza effettiva, erano considerate realmente potenti e per questo motivo, oltre che temute, erano anche rispettate.

 

Se gli angeli avevano annunziato che a Betlemme era nato il Salvatore, i Magi certificano la verità di questo annunzio : Gesù è il vero Dio, al quale le altre religioni possono ormai solo prestare omaggio. I Magi non sono lì semplicemente per affermare che « questa stella annunzia la nascita di un personaggio straordinario » ; essi intraprendono un lungo viaggio, si recano da Erode per interrogarlo, porgono un omaggio solenne al neonato, ricevono addirittura un messaggio celeste che permette loro di sfuggire alla crudeltà del tiranno… Troppo per dei semplici astrologi. Qualunque sia allora l’interpretazione da dare a questi enigmatici personaggi ( siano essi maghi, taumaturghi, savi d’Oriente, sacerdoti di antiche religioni ), ci pare certo perlomeno il fatto che Matteo li ha fatti giungere fino a Betlemme per certificare la nascita del « vero » Salvatore dell’umanità. Rivediamo dunque il racconto dell’evangelista :

« Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Ed ecco, alcuni Magi vennero da Oriente a Gerusalemme e dicevano : ” Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei ? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo “. All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero : ” A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta :
” E tu Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda : da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele “.
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo : ” Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo “. Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino.
Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, fecero ritorno al loro paese per un’altra strada. »

 

 
Maurizio Bettini IL PRESEPIO, Edizioni EINAUDI

 

 

 

 

 

 

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E’ questo il canto

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Un altro nome del silenzio, gravido di senso sonoro ; nell’aria la sua plasticità che si fa voci.

Orfeo nella selva, riporta all’incanto dell’uno la possibilità plurale delle voci, erigendo nuovamente di silenzio nell’orecchio delle fiere un tempio.

 

 

 

 

 

Una straniante bellezza

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10 giugno

Impossibile sciogliere questi canti di uccelli diversi dalla calura estiva, nel cielo del meriggio sul cortile.

9 giugno

Una straniante bellezza l’impasto di umanità che mi resta addosso, dopo la sera di collina nella bocciofila sul pianoro stretta fra i crinali passati a mietitura e il cielo alto che scolora nelle brume estive sulle piste, sui giocatori, su di noi fra gli avventori, e la luna si velava di rose.

 

 

 

 

 

 

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Compimenti

 

 

 

 

 

2 maggio

Non saprei nominare le forme del tempo, i modi in cui si compie — come adesso.

 
3 maggio

Non conosco le forme del tempo ; ma ho visto sempre qualcosa di nuovo e inaudito compiersi ogni volta in cui mi sono smarrita, e poi mi sono domandata — da dove vengo, dove sono stata, che cosa ho fatto per tutto questo tempo ? E poi non riesco ad andare a ritroso ai momenti vissuti, a risalirne le tracce ; e mi ritrovo nell’oggi come fosse davvero ricominciare da qui, un qui bastante a se stesso e un essere sufficiente.

Lo sforzo di pensarsi nel tempo, nel passare del tempo come se fosse reale . . .

Numerose si compiono sviste minute d’eterno fra un atto e l’altro di volontà. Come l’ultima volta in cui, sconosciuta e inattesa, una sorda tensione mi si levava davanti, fino al più alto dello sguardo, e poi l’ho vista slanciarsi tutt’una col volo della mia freccia, l’ho seguita con gli occhi fino a toccare il bersaglio, il centro del bersaglio . . . e nell’impatto avvertire spostarsi qualcosa anche dentro di me.

 

 

 

 

 

 

 

Al cuore della musica

 

 

 

 

 

Forse scintilla nella voce di poesia lo stesso principio che sta al cuore della musica ; qualcosa come una forza contraria che risolleva l’umano discorso abbattuto dall’esperienza della mortalità.

     Il desiderio di una musica ; una spinta in senso contrario alla gravità del morire, non per consolare ma per porre in questione questa fine di vivere con l’impareggiabile struggente bellezza del creato. Forse l’origine di ogni desiderare sorge da qui, da questa spinta misteriosa e segreta che ci soccorre nella strettura di accompagnare come testimoni anche della nostra mortalità.

 

– per Franco e Giovanni, una poesia QUI

 

 

 

 

 

Una perduta attesa

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Cielo al tramonto su Santa Cristina della Fondazza. bologna

 

 

 

 

 

 

Sei venuta in principio a innestare le mie notti nel tuo morire

abissale
di
vertigine

e
più vividi schiarivano i giorni
che il tuo magma
liquido
irrora.

Vieni oggi a mancare nel tempo della veglia. Una perduta attesa. E non è la mia età che trasforma di questa vita la sua linea di fuga — sei tu nei tuoi abbandoni, un passo alla volta, fino allo sperdimento.

 

 

 

 

 

#Berlino Natale 2016

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immagine web della Breitscheidplatz in cui si è consumata la strage.

 

 

 

 

 

 

Engführung – di Paul CELAN

 

Ho scelto di dedicare questi versi di Paul Celan perché il movimento fugato al cuore della parola – compiendosi in un sovrapporsi sempre più stretto di visioni, così come nella forma musicale della fuga si sovrappongono più strettamente le voci – dà luogo alla realtà spirituale di un soggetto che ha smesso di leggere e di guardare perché gli è saltata la distanza dalle cose del mondo, e ora va in cerca accecato ; che tasta l’anonimato della ” pietra ospitale che non ti tranciava la parola in bocca “. Parola che infine proprio dall’anonimato di pietra avviene e si fa incontro. 

I versi di Engführung sebbene composti dal poeta nel tentativo di dialogare con i sommersi nella tragedia dello sterminio nazista, riecheggiano nel mio orecchio lo stesso smarrimento per le uccisioni che si consumano nell’anonimia delle folle, nel mucchio casuale dei corpi senza più vita sugli asfalti – così come in tutti gli altri spazi pubblici in cui si consuma l’orrore dei morti per strage.

 

 

 

*

VERBRACHT ins
Gelände
mit der untrüglichen Spur:

Gras, auseinandergeschrieben. Die Steine, weiß,
mit den Schatten der Halme:
Lies nicht mehr – schau!
Schau nicht mehr – geh!

Geh, deine Stunde
hat keine Schwestern, du bist –
bist zuhause. Ein Rad, langsam,
rollt aus sich selber, die Speichen
klettern,
klettern auf schwärzlichem Feld, die Nacht
braucht keine Sterne, nirgends
fragt es nach dir.

*

Nirgends

fragt es nach dir –

Der Ort, wo sie lagen, er hat
einen Namen – er hat
keinen. Sie lagen nicht dort. Etwas
lag zwischen ihnen. Sie
sahn nicht hindurch.

Sahn nicht, nein,
redeten von
Worten. Keines
erwachte, der
Schlaf
kam über sie.

*

Kam, kam. Nirgends

fragt es –

Ich bins, ich,
ich lag zwischen euch, ich war
offen, war
hörbar, ich tickte euch zu, euer Atem
gehorchte, ich
bin es noch immer, ihr
schlaft ja.

*

Bin es noch immer –

Jahre.
Jahre, Jahre, ein Finger
tastet hinab und hinan, tastet
umher:
Nahtstellen, fühlbar, hier
klafft es weit auseinander, hier
wuchs es wieder zusammen – wer
deckte es zu?

*

Deckte es

zu – wer?

Kam, kam.
Kam ein Wort, kam,
kam durch die Nacht,
wollt leuchten, wollt leuchten.

Asche.
Asche, Asche.
Nacht.
Nacht-und-Nacht. – Zum
Aug geh, zum feuchten.

*

Zum

Aug geh,

zum feuchten –

Orkane.
Orkane, von je,
Partikelgestöber, das andre,
du
weißts ja, wir
lasens im Buche, war
Meinung.

War, war
Meinung. Wie
faßten wir uns
an – an mit
diesen
Händen?

Es stand auch geschrieben, daß.
Wo? Wir
taten ein Schweigen darüber,
giftgestillt, groß,
ein
grünes
Schweigen, ein Kelchblatt, es
hing ein Gedanke an Pflanzliches dran –

grün, ja
hing, ja
unter hämischem
Himmel.

An, ja,
Pflanzliches.

Ja.
Orkane, Par-
tikelgestöber, es blieb
Zeit, blieb,
es beim Stein zu versuchen – er
war gastlich, er
fiel nicht ins Wort. Wie
gut wir es hatten:

Körnig,
körnig und faserig. Stengelig,
dicht;
traubig und strahlig; nierig,
plattig und
klumpig; locker, ver-
ästelt –: er, es
fiel nicht ins Wort, es
sprach,
sprach gerne zu trockenen Augen, eh es sie schloß.

Sprach, sprach.
War, war.

Wir
ließen nicht locker, standen
inmitten, ein
Porenbau, und
es kam.

Kam auf uns zu, kam
hindurch, flickte
unsichtbar, flickte
an der letzten Membran,
und
die Welt, ein Tausendkristall,
schoß an, schoß an.

*

Schoß an, schoß an.

Dann –

Nächte, entmischt. Kreise,
grün oder blau, rote
Quadrate: die
Welt setzt ihr Innerstes ein
im Spiel mit den neuen
Stunden. – Kreise,

rot oder schwarz, helle
Quadrate, kein
Flugschatten,
kein
Meßtisch, keine
Rauchseele steigt und spielt mit.

*

Steigt und

spielt mit –

In der Eulenflucht, beim
versteinerten Aussatz,
bei
unsern geflohenen Händen, in
der jüngsten Verwerfung,
überm
Kugelfang an
der verschütteten Mauer:

sichtbar, aufs
neue: die
Rillen, die

Chöre, damals, die
Psalmen. Ho, ho-
sianna.

Also
stehen noch Tempel. Ein
Stern
hat wohl noch Licht.
Nichts,
nichts ist verloren.

Ho-
sianna.

In der Eulenflucht, hier,
die Gespräche, taggrau,
der Grundwasserspuren.

*

(– – taggrau,

der

Grundwasserspuren –

Verbracht
ins Gelände
mit
der untrüglichen
Spur:

Gras.
Gras,
auseinandergeschrieben.)
 

Paul Celan Aus : Sprachgitter
Frankfurt am Main : S. Fischer / Fischer TB, 1959

 

 

 

 

 

Vento leggero

 

 

 

 

 

Vento leggero alla finestra, sposta le tende nella penombra della stanza estiva.
Penso a un modo di muoversi tra le cose come se fosse ascoltarne calma la voce.

Borgo di San Petronio, bologna. 5 agosto 2007

 

 

 

 

 

Concerto straordinario

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Di ritorno sui miei passi, un giorno più tardi. Di ritorno dalla musica, quella  suonata dal vivo ; di ritorno dal canto vibrato in carne e sangue. Di ritorno da quella grotta che è il cuore umano, al quale si accede per la gola.

Come un lume splende di notte più solitario, così l’ascolto stupisce. E per miracolo quasi avviene uno svuotarsi d’affetti. Ed è qualcosa che leva insieme all’inattesa eco che in queste fibre tese promana.

 

 
Bologna
Santuario della Basilica di Sant’Antonio di Padova
mercoledi 22 giugno 2016 ore 21