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Una latente felicità

 

 

 

 

 

Non capisco questo sollievo misto a fatica da garottata, questi ossi schiodati che non si tengono più, primo levarmi nel mattino, la confusione sovrana mi tenta.

E’ complicato fermarsi ad ascoltare – abbandonare & abbandonarsi – mortificarsi è inevitabile, ieri notte ha soffiato più forte sulla polvere il vento dello spirito ed io ho compreso e ho visto, oggi primo giorno di ottobre, il tempo di una nuova iniziazione anche se ormai sono rotte le Ore, si dispone l’orecchio più addentro a ogni cosa che muta, anche se lo vedi soltanto dopo se qualcosa in parole è avvenuta, soltanto dopo aver giocato d’azzardo tutto il tempo che ti sei presa in prestito e non puoi più restituire.

Nell’aria un trabocco di spinta vitale, inspiegabile mentre tutto intorno sembra che muore, un lucore poroso dalla coltre nel cielo per tutto il giorno è disceso più intimo sulle cose del mondo, e un odore così nell’umido d’arie si esala fin dentro al mio respiro come una vena latente di felicità.

 

 

 

 


 

Giovanni Gabrieli, Sonata No.20 à 22