La prima volta in cui le diedi una breve raccolta dei miei ultimi versi, le dissi che si trattava di poesie semplici, che non portavano significati da interpretare, e nemmeno una particolare inclinazione alla musicalità della parola ; le dissi che erano il tentativo di cogliere soltanto l’attimo in cui qualcosa si rivela, è tutto. E mi sorpresi allora di quella mia franchezza, della facilità con la quale riuscivo a esprimere qualcosa che non sapevo, di cui mai prima d’ora mi ero accorta di sapere di me.
Rimasi colpita dal suo apprezzamento immediato e altrettanto franco, tutto veniva semplice, senza nessuno sforzo, nessuna complicazione. Da allora io sono diventata la poetessa ; da parte mia, so di esserle stata amica quando ancora non mi aveva rivolto la prima parola.
Tre giorni fa un altro gruppo di versi, stavolta ricopiati a mano che non c’era tempo di fare meglio di così, e comunque la mia grafia è abbastanza leggibile ; pur nella fioca luce del portico di sera lei leggeva, io ascoltavo la voce, che non era adesso la mia, la sua voce scorreva lungo i greti di poesia allo stesso passo della parola sulle mie labbra mentre si fa, e lo stupore sul suo volto alla fine di ogni lettura era senza parole pari al mio davanti a tutte quelle cose miracolosamente qui, di nuovo in mezzo a noi, portate dal suono della sua voce.