Per una poetica

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E’ stato il primo giorno d’inverno, l’aria pungente improvvisa, la pioggia fredda & copiosa. Questa notte senza voce.

Mentre scrivo ho l’impressione straniante & familiare di trovarmi in una notte all’inizio dell’anno a venire —
significa che non è soltanto una convenzione il tempo che passa con le sue ricorrenze, proprio come la lingua delle stagioni che ci ostiniamo ancora a parlare, anche se ormai sono rotte le Ore, che è come dire che è questo soltanto il mondo che sappiamo nominare.

Forse, il senso ci precede e sopravanza il passo dei nostri giorni, e allora forse noi siamo sempre immersi nel senso ; il fatto mi consola.

 

 

 

 

 

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E’ un momento in cui mi sento salda in coscienza & sicura nella mia inclinazione poetica, è un momento di cui non saprei dire nulla, ma proprio nulla, un momento che non saprei descrivere, che sopraggiunge inatteso e diverso da altri che possono averlo preceduto e che gli possono assomigliare;
come se il tempo più recente della mia vita fosse stato a mia insaputa un tempo di supplica e di prova, di supplica insistita e di infaticabile prova, quasi una forgiatura in rarefazione d’aria.

[ Non riconoscermi intorno & non appartenere, avvertire sempre bruciante la mia mancanza, la differenza & la lontananza fino all’abbandono sono cose che si sono plasmate addosso ; dirmi poeta è accettare di scegliere la parola come passo e orizzonte, scrivere come seguire, senza sapere, seguire soltanto la verità.

Unico conforto è questa specie di Aperto che sempre mi soffia dentro, è con questa spinta di attrazione chiara & forte che mi confronto e che mi oriento, che da sempre mi regge e mi salva. ]

 

 

 

 

 

 

 

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